Durante lo svolgersi della sanguinaria Guerra di Lapponia, un conflitto che coinvolse Finlandia e Germania nel corso della Seconda Guerra Mondiale, un uomo, un vecchio senza nessuno al suo fianco, sceglie di abbandonare la vita civilizzata per isolarsi nel selvaggio desolante di una terra dimenticata da Dio. Non sappiamo nulla di lui, né chi sia né quali motivi lo abbiano portato lì, anche se le frasi in apertura del suo racconto sembrano anticipare un antieroe spietato in piena regola. Uscito nel corso del 2022, Sisu - L'immortale ha fatto fin da subito parlare di sé, attirando una certa fetta di pubblico che continua ad apprezzarne il valore anche a seguito del recente arrivo su Netflix (già che ci siete non perdete neanche le serie Netflix di novembre 2024).
"Sisu è una parola Finlandese che non può essere tradotta. È un coraggio alimentato dalla paura e una determinazione inimmaginabile. La Sisu si manifesta quando ogni speranza è perduta". Un'introduzione del genere, nella propria immediatezza e semplicità, anticipa subito agli spettatori un cammino che implicherà "coraggio" e "determinazione" appunto, un percorso che stravolgerà la quotidianità solitaria di un uomo in una storia che si fa leggenda di guerra e racconto di speranza, giocando continuamente, però, con un protagonista disumano e distaccato, ma affascinante proprio per questo.
One Man Army
Nel gelido scenario della Lapponia del 1944, mentre i nazisti si ritirano dalla Finlandia lasciandosi alle spalle distruzione, desolazione e morte, Aatami Korpi (Jorma Tommila) è impegnato a cercare l'oro avvolto nella sua solitudine. Con lui non c'è nessuno (fatta eccezione per un cagnolino e un cavallo), anche se le ombre e le tragedie della guerra sembrano tormentarlo in qualche modo, da lontano. Dopo alcuni tentativi nelle acque di un fiume, l'uomo scova dell'oro che lo porterà a indagare ulteriormente nella zona, arrivando a un ricco bottino di pepite, che raccoglie in due sacche. Da una scoperta del genere si origina il viaggio al centro di Sisu - L'immortale, spingendo un eremita silenzioso lungo un percorso di pericoli e minacce.
Durante il cammino, infatti, vediamo Aatami imbattersi in una squadra di nazisti in marcia verso la Norvegia, non prima di aver distrutto tutto quello che ha incrociato sul loro viaggio. L'arroganza dei tedeschi porterà alla luce l'oro del nostro, spingendo il comandante del plotone (interpretato da Aksel Hennie) a volersene impossessare. Ciò che però i soldati non immaginano è di aver sfidato l'uomo sbagliato: da temuti oppressori si troveranno a fare i conti con un combattente implacabile, determinato e incapace di arrendersi.
Ermetismo violento e sanguinario
Le primissime cose che saltano all'occhio durante la visione di Sisu - L'immortale sono due: la regia asciutta di Jalmari Helander, suo regista e sceneggiatore, e la violenza di alcuni sviluppi del film, che passano agilmente dall'action di guerra al gore più brutale e diretto. La stessa "durezza" delle immagini, poi, si riflette anche sulla scrittura generale di un racconto che non si sbilancia mai in termini di parole e dialoghi, lasciando tutto il peso degli accadimenti in corso alle azioni e alle scelte dei personaggi.
Da una scelta del genere si origina tutto il peso di un racconto che non si tira mai indietro quando si tratta di morte e ingiustizie sul campo di battaglia, affrescando la crudeltà storica di un contesto narrativo che non vuole in alcun modo essere realistico fino in fondo, però. A riprova di ciò, alcune esagerazioni che trasportano il viaggio dello stesso Aatami nella dimensione del mito, nutrendosi delle potenzialità e degli eccessi che ne derivano inevitabilmente. Ecco che il percorso scelto da Sisu - L'immortale diventa il pretesto perfetto per mettere in scena un lavoro per immagini in cui la vendetta si scontra con la crudeltà ingiustificata della stessa storia umana, fatta di eserciti, soprusi e violenze mai dimenticate.
Andando oltre i volti coinvolti, sono anche gli scenari a parlare e affascinare, riuscendo a catturare, in perfetta opposizione al disgusto verso alcuni dei personaggi coinvolti nelle vicende. È la fotografia di Kjell Lagerroos a fare tutto il lavoro in questo caso, restituendo campi lunghi pulitissimi e totali che avvolgono in contrasto con la violenza sempre e comunque in corso. Nel connubio fra natura e sangue si scopre il cuore pulsante di un racconto sempre fuggevole e amaro, ma comunque interessante, pur con qualche caduta di stile.
È tutto molto cupo in Sisu - L'immortale, sporco e spietato. Nel micro di un racconto che non vuole prendere in analisi un intero conflitto, ma solamente le vicissitudini di un singolo plotone, però, è facile scorgere alcune riflessioni più ampie connesse con le vittime di guerra e la sregolatezza cui può arrivare un contesto di lotta messo a ferro e fuoco. Nel silenzio ingombrante di un protagonista determinato, sorge l'eco di un conflitto molto più grande e crudele di lui, ma anche della speranza che l'opporsi al male potrebbe generare.
Sisu - L'immortale mette quindi in scena una storia di vendetta in stile John Wick (per sapere la nostra sull'ultimo capitolo della saga action con Keanu Reeves, vi rimandiamo alla nostra recensione di John Wick 4) in cui la leggenda sanguinaria del singolo si scontra contro l'arroganza impreparata della stessa storia, in un confronto violentissimo e dai tratti parecchio irrealistici. L'intento del film è abbastanza chiaro, se non fosse per alcune esagerazioni che inficiano inevitabilmente sull'immersione generale. Nel silenzio ermetico e feroce di una vicenda che esplode nel sangue di un torto personale, risulta facile, poi, scorgere anche elementi provenienti dal western e dalle storie di stampo tarantiniano (i capitoli a scandire le fasi del film ne sono un esempio chiaro).
È proprio quando l'esagerazione stilistica e la voglia di lasciare qualcosa trovano un proprio equilibrio, però, che Sisu - L'immortale abbraccia totalmente la dimensione della leggenda inverosimile, rompendo i confini di una credibilità fino a quel momento sul filo. La parte finale del film è il trionfo degli eccessi, ed è un peccato per la cura generale dei momenti precedenti di un lungometraggio che sa sicuramente intrattenere e coinvolgere.